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Da «paghisti» a consulenti al centro solo il lavoro

di Maria Carla De Cesari

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04 settembre 2009

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I numeri permettono di arrivare alla concretezza. «Parlano senza ambiguità. Prendiamo un problema difficile come la previdenza: dicono ciò che ci dobbiamo aspettare». E di numeri è fatta la busta paga. «Da tempo, ogni mese, inviamo online i dati contributivi e retributivi all'Inps. Dal prossimo anno dovremmo anche mandare ogni mese all'agenzia delle Entrate le ritenute, in pratica la busta paga. Con il libro unico del lavoro si sono superati dei formalismi, con la possibilità di compilazione e stampa entro il 16 del mese successivo. Qualcuno che imbroglia ci sarà, ma a questo punto è giusto punirlo con severità». La violazione contestata dall'ispettore del Lavoro, infatti, è comunicata all'Ordine per la sanzione disciplinare.
Il libro unico del lavoro è il diario del personale delle aziende: assunzioni, qualifiche, inquadramenti, presenze, straordinari. «Per i consulenti del lavoro – spiega Latella – il libro unico ha rappresentato il riconoscimento del nostro ruolo sociale. Non può essere tenuto dai Ced».
I centri d'elaborazione dati sono costituiti in forma societaria e alcuni, quelli collegati ad associazioni di categoria o a multinazionali, sviluppano ogni mese migliaia e migliaia di buste paga, a prezzi improponibili per il professionista. Da sempre i consulenti del lavoro hanno cercato di limitare il loro raggio d'azione, in nome della riserva che la legge 12 stabilisce sugli adempimenti del lavoro.
Per anni si è consumata una serrata battaglia su che cosa significhi "calcolo e stampa dei cedolini". Con minuzia e amore per il dettaglio si sono pronunciati ministri e sottosegretari. Anche la Corte di giustizia Ue si è pronunciata, su appello di una multinazionale delle paghe, nell'impossibilità di capire la logica della legge italiana: i Ced sono costituiti in modo differente a seconda che si rivolgano a piccole o a grandi aziende.
Il paradosso, rilevato anche dai giudici del Lussemburgo, è che ad adempimenti che derivano, in teoria, da situazioni più complesse si risponde con strutture meno professionali.
Ora, rimarca Latella, il legislatore italiano ha fatto una scelta di campo a favore dei consulenti, «quando ha detto che il libro unico può essere tenuto solo dal datore di lavoro o dal professionista. E le associazioni di categoria non possono operare se non con i propri associati».
Baldassari ha un atteggiamento più disincantato. «Sui cedolini – dice – le associazioni di categoria fanno prezzi da fuori di testa perché hanno altre forme di finanziamento. Offrono una gamma di servizi che va dall'aspetto commerciale al marketing, dalla copertura assicurativa all'assistenza internazionale. Ma queste sono le possibilità collegate alla struttura. Poi, bisogna vedere i risultati. Ci sono associazioni che funzionano bene e altre che sono una pubblicità per i consulenti del lavoro. Al di là di questi poli, chi sceglie il professionista cerca un'attenzione diversa».
Eppure, molti professionisti hanno costituito Ced-società di servizi come contenitori dell'attività di elaborazione, mentre lo studio resta titolare dell'attività di consulenza. Un modo per "spalmare" il prelievo fiscale e per ridurre il conto dei contributi previdenziali. «Su questo non mi pronuncio – si schermisce Latella – ma lo strutturarsi in forma di Ced provoca una svalutazione del prodotto, ci si limita a fare il cedolino, senza assumersi responsabilità. E poi nascono le contestazioni. A me – insiste Latella – non interessa la fabbrica delle buste paga».
La legge Bersani del 2006 ha ribadito la possibilità per i professionisti di organizzarsi in forma societaria. Una modalità messa in campo per offrire al cliente un servizio migliore, magari multidisciplinare, e per abbassare i costi delle prestazioni professionali. «Il punto è – chiarisce Latella – che non possiamo vendere l'attività professionale come una maglietta». Quindi, niente pubblicità? «No, niente pubblicità. Non possiamo svilirci, né prestarci al gioco al ribasso pur di prendere clientela. Perderemmo in qualità del servizio e diventeremmo Ced».
La qualità del servizio coincide, in parte, con la specializzazione. Baldassari e Latella condividono la scelta di aver reso la laurea triennale obbligatoria per l'accesso alla professione. «Oggi – commenta Baldassari – è necessario essere più preparati. Molti artigiani hanno un impiegato che tiene loro un po' di contabilità e le paghe. Se si rivolgono al consulente del lavoro è per affrontare una grana».
E le contestazioni, dell'Inps o della direzione provinciale del Lavoro, nonostante la telematica consenta l'invio di tutti i dati rilevanti per il rapporto di lavoro, richiedono ancora il passaggio di persona agli sportelli degli uffici. Anzi, talvolta sono proprio i software che funzionano a creare i problemi. Insomma, il "giro" all'Inps o all'Inail, piuttosto che alla direzione del Lavoro, accompagna sempre la giornata del consulente.
Restii a farsi pubblicità, i professionisti sono scelti sul tradizionale passaparola? «Nella maggioranza dei casi – dice Baldassari – il cliente arriva attraverso la presentazione di un commercialista».
  CONTINUA ...»

04 settembre 2009
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